Classe seconda

Carissimi,

bentornati al Liceo Leonardo da Vinci. Passato il primo anno possiamo dire che fate parte a pieno titolo del nostro gruppo. Non vi nascondo che quest’anno sarà più duro: dovrete vedere effettivamente chi siete e quali sono le vostre capacità. Il primo è un anno di accoglienza, in cui si capiscono regole e meccanismi che regolano il nostro Liceo; è una sorta di quarta media in cui si usano le strategie dell’accoglienza e della pazienza. Forse alcuni di voi hanno capito tardi quanto e come dovevano studiare, forse alcuni sono stati “graziati” in alcune insufficienze. Quest’anno non sarà così: avete gli strumenti per ottenere ciò che potete e diventare coloro che siete: quest’anno si fa sul serio. Alla resa dei conti tutte le insufficienze saranno debiti e la promozione dovrete meritarvela. Non aspettate “le piogge” per studiare, avvantaggiatevi subito ed avrete tempo in seguito per vivere serenamente la vostra vita.

Come inizio, forse, sembra un po’ minaccioso, ma non è così. Dobbiamo essere onesti e sinceri, chiedendovi il meglio che potete dare. Non vogliamo che studiate per paura di essere bocciati, non sarebbe utile a nessuno: vorremmo che studiaste per diventare migliori, più intelligenti e più sensibili, acuti e creativi, pronti ad affrontare le sfide di oggi e di domani. Infatti nessuno di noi sa come sarà la vita tra dieci anni e dovete essere pronti ad affrontare tutte le occasioni che vi si presenteranno, in campo lavorativo, sociale, affettivo, politico, relazionale e ricreativo: il mondo cambierà rapidamente e voi dovete essere pronti a capirlo, abitarlo e migliorarlo.

Gli strumenti che mettiamo a vostra disposizione sono quelli sperimentatissimi della tradizione – le discipline scolastiche – e quelli innovativi della tecnologia e delle comunicazioni. Ci aspettiamo che sappiate cogliere con entusiasmo tutte le occasioni che troverete nel nostro Liceo.

Quest’anno avete due incarichi da realizzare:

Dovete imparare ad imparare, capendo i meccanismi dell’apprendimento e sviluppando adeguate strategie di apprendimento ai vostri obiettivi;

Imparare a relazionarvi in maniera positiva, propositiva e valorizzante con gli altri compagni, ovvero con la classe o qualsiasi altro gruppo di lavoro.

Nessuno di noi è uguale ad un altro. Anche se a quest’età è rassicurante far parte del gruppo (vestiti uguali, parole uguali, gesti uguali, ecc.) tuttavia ognuno di voi è diverso. Abbiamo conosciuto decine di migliaia di studenti, ebbene nessuno era uguale all’altro. Questo ha alcune conseguenze importanti.

Anzitutto non esiste un modello di studente, ovvero uno studente modello. Non esistono razze diverse o modelli diversi di ragazzi. Non nasciamo con il destino segnato, con il “bernoccolo” della matematica o del latino. Non esistono ragazzi “stonati” esistono ragazzi che non hanno imparato a cantare. Così non esistono studenti da Liceo Scientifico, come non esistono persone “destinate” a fare il meccanico o lo scienziato, il manager o il commerciante… sono le nostre scelte che intrecciandosi con le circostanze della vita, decidono il nostro futuro.

È vero, ad ogni insegnante piacerebbe avere solo certi ragazzi e non altri, ma questo è un fatto istintivo di tutti gli uomini; la professionalità dei professori fa sì che il messaggio e la progettazione si adattino ad ogni studente che entri nella loro classe. Perché gli studenti sono molto diversi tra loro. C’è – è vero – chi capisce la matematica senza che nessuno la spieghi, chi sa istintivamente scrivere un testo accattivante e convincente. La scuola, però, serve a far capire la matematica anche agli altri, a far scrivere bene anche chi non è portato: esistono infatti diversi tipi di intelligenza. Howard Gardner, lo studioso che ha formulato la  teoria delle intelligenze multiple, ha individuato otto criteri e nove abilità mentali per definirle. Daniel Goleman, inoltre, ha dimostrato che l’intelligenza emotiva è utile almeno quanto quella razionale.

Poi ci sono i fattori sociali, le abitudini dei primi anni di vita, i libri letti, i discorsi ascoltati da bambino, le esperienze significative… la scuola è solo per i più fortunati? No. Il nostro Liceo vuole offrire a tutti la possibilità di raggiungere il massimo.

Cosa dovete fare voi? Anzitutto metterci quello che nessuno di noi può metterci: attenzione, volontà, impegno. Non si fa il Liceo senza studio individuale, senza l’analisi lenta che si fa nel silenzio della vostra cameretta, senza entrare nel momento buio in cui non si capisce e non si ricorda e così trovare in quel buio uno spiraglio di conoscenza che non si dimenticherà mai più. Non si studia senza soffrire. Non si diventa saggi senza impegno e rinunce. Tutte le cose belle della vita richiedono un pedaggio di sofferenza, come per lo sport, la musica, l’amore… ma ne vale sempre la pena.

Ebbene, mi chiederete, in pratica cosa dobbiamo fare quest’anno? Capire chi sei. Questa è la prima cosa che ti si chiede quest’anno. Come funziona la tua mente, quali cose ti riescono, che esperienze positive ti sostengono, quali doni dalla tua famiglia, dai tuoi amici?

Ma non ti illudere che usare questi tuoi pregi ti basti ad imparare qualcosa. Non si impara ciò che già si sa fare. Devi riuscire a migliorare ciò che non sei, ciò che non puoi… devi crescere per diventare grande. Come?

Comprendendo e migliorando le strategie che usi per imparare. Ognuno di noi per modificare la propria mente usa dei sistemi, delle procedure, dei trucchi; delle vere e proprie strategie.  Purtroppo queste strategie di apprendimento sono istintive e restano spesso nascoste a chi le usa. Conoscerle e migliorarle è il segreto per faticare di meno e rendere di più. Quanto hai già imparato dai tuoi errori? Hai misurato personalmente il successo raccolto ed il tempo speso? Hai definito chiaramente gli obiettivi da raggiungere, gestendo autonomamente l’attenzione e la memoria mediante  tempi e modalità operative differenti, oppure continui a “studiare” sempre allo stesso modo, senza farti domande e senza misurare i risultati?

Scherzando un po’, potremmo dire che ognuno di noi è “diversamente handicappato”. Per migliorare bisogna capire i nostri punti di debolezza, analizzare i nostri errori e modificare le strategie d’apprendimento.

E arriviamo così al secondo dei tuoi incarichi. Questa cosa non si fa da soli. Studiamo in gruppi, in classi, perché il confronto con gli altri è basilare. Non si tratta di vedere chi è più bravo o di fare le gare (o le guerre) quando riportano i compiti in classe… neppure di copiare senza migliorare. Occorre confrontare le strategie, darsi suggerimenti, analizzare gli errori per modificare il metodo. Osservare come gli altri usano il tempo, l’attenzione e la memoria, risalire alla causa degli insuccessi e modificare le proprie strategie.

Ma tutto questo non si può fare senza una relazione di classe serena…

A scuola – come in tutti i fenomeni sociali - si impara per imprinting, cioè osservando istintivamente i comportamenti del primo periodo. Tutti voi siete legati al primo giorno di scuola (che forse, a livello razionale, non ricordate più) in cui siete passati dalla supremazia affettiva di casa vostra, in cui tutte le attenzioni erano per voi, alla rivalità affettiva di avere un solo adulto per troppi concorrenti. Allora si mettono in atto tutte le strategie possibili, negative e positive, di guadagnarsi l’attenzione…

Ora basta, siete grandi. I compagni di classe non sono né amici né fratelli, ma neanche rivali; sono una risorsa perché insieme si lavora meglio, chiunque tu abbia affianco. Non dovete più – all’interno della classe - sviluppare le dinamiche affettive del gruppo: invidia, desiderio, esposizione, sovresposizione, attacco trasversale, gruppetto, esclusione, ecc. La classe è solo un gruppo di lavoro, le soddisfazioni affettive, quando uno è grande, le cerca altrove: con gli amici nel rapporto di coppia, nei gruppi informali, in famiglia, nelle associazioni di scopo.

C’è un solo modo di trovarsi bene in classe: dare valore agli altri, a tutti; non perché l’altro ti serva, ma perché tu hai già chi ti vuole bene fuori dalla classe. Andiamo a caccia delle cose che gli altri sanno fare meglio di noi, diciamoglielo, valorizziamole, e allora gli altri ci aiuteranno ad impararle e tutti staremo meglio. Quest’atteggiamento è contagioso, se qualcuno comincia, anche gli altri si adattano, bisogna cominciare: non guardiamo nell’altro solo la maschera che porta (spesso è costretto a portarla), ma guardiamo il suo aspetto più positivo – non solo scolasticamente. Chi sa scherzare, chi sa sdrammatizzare, chi sa gestire il tempo, chi capisce l’importanza delle cose, chi sa fare i regali, chi sa ascoltare, chi sa fare silenzio all’improvviso, chi sa comportarsi diversamente da tutti, chi sa guardarti negli occhi e capire come stai…

Diamo valore agli altri e allora potremo anche dare suggerimenti, consigli, potremo condividere tattiche e strategie. La cosa importante – infatti - non è il voto sulla pagella, ma la capacità della nostra mente e del nostro cuore; è questo che ci aiuta nella vita di ogni giorno, questo ci aiuterà nel trovare e svolgere un lavoro, questo – soprattutto – ci aiuterà nella preziosa ricerca della felicità. Buona caccia!

                                                                                                                        

                                                                                                                          Il Dirigente Scolastico

                                                                                                                               Giuliano Bocchia

 

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